Libri che ho letto - recensioni per voi

Nato e vissuto come post - e tra i più letti in assoluto! - ecco che oggi si trasforma in Pagina, per agevolare la navigazione dei tanti che chiedono consigli e suggerimenti di lettura in merito ai temi educativi più "battuti".

Sono felice di fare copia-incolla e di caricare i contenuti di "Il libro sul comodino - Sharing reading"!

Buona lettura a tutti!

Maria Beatrice

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"Portare i piccoli"
collana: Il Bambino Naturale
pagine: 180
anno pubblicazione: 2007
ISBN: 978-88-95177-20-5
autori: Esther Weber


Si tratta di un libro che trovo ancor più interessante di quanto credessi inizialmente. Prima di tutto perchè la trattazione che offre sul tema del "portare" (baby-carryng, baby-wearing) è ampia, originale e ben circostanziata. Inoltre perchè anche chi approccia per la prima volta questo argomento può trovare una cornice teorica di riferimento utile a capire da dove si parte e come ci si muove nel pensiero sul "portare".

Ancora: perchè le note a piè di pagina stimolano in continuazione ad approfondire quanto letto, sia tramite fonti indagabili da professionisti (mi riferisco alle pubblicazioni su riviste internazionali specializzate) che da genitori (siti web, altri testi ecc.).

Infine perchè c'è una parte corposa ricca di fotografie e spiegazioni sulle varie tecniche e supporti utilizzabili per "portare".
Condivido con voi alcuni stralci che ho trovato particolarmente significativi.

"Il modello della 'autonomia precoce' del bambino, sebbene sia privo di fondamenti scientifici e sia più ce discutibile per la salute del bambino, è ancora il modello reale di maggiore riferimento per i neogenitori, probabilmente perchè  l'unico modello che conoscono e al quale, se non altro, sono sopravvissuti" (pag. 51).
"Ascoltare e soddisfare il bisogno primario di contatto corporeo del bambino non crea un suo ulteriore bisogno o lo accresce ma con il tempo lo colma" (pag. 84).
"(Ma) ci troviamo nella fortunata situazione di poter scegliere. Non siamo costretti a ripetere per forza le esperienze primarie vissute dalle generazioni precedenti e dalla propria, ma possiamo scegliere di cambiare" (pag. 103).
"Si potrebbe pensare, osservando superficialmente, che la crescente autonomia del bambino piccolo sia il contrario di legame, ovvero, che un intenso legame tra bambino e madre potrebbe indebolire tale sviluppo. Il contrario di legame, invece, è non-legame; l'indipendenza si trova in u'altra dimensione. Indipendenza e legame non solo non sono contrari, ma hanno un effetto l'uno sull'altro: un legame sicuro con i genitori rende possibile e favorisce lo sviluppo dell'indipendenza; un legame mancante o debole lo ostacola" (pag. 125).
"L'ascolto di ciò che dice l'altro è l'aspetto implicito di ogni relazione" (pag. 140).
"(...) credo che tutte le lotte che instauriamo con il nostro bambino, se vogliamo abituarlo a modelli , situazioni e luoghi che riteniamo giusti noi e che forse sono a nostro vantaggio  ma non corrispondono ai suoi bisogni veri, siano delle immense dispersioni d energia per entrambe le parti" (pag. 166).
"Portare, nel senso della fisiologia del portare, significa una speranza concreta che i bambini portati saranno adulti meno frustrati, meno dipendenti da vizi vari, più interi emotivamente" (pag. 252).

Attendo i vostri commenti e vi segnalo il post in cui è citato un altro breve stralcio di questo testo.
Maria Beatrice  :)

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"Bambini psico-programmati. Essere consapevoli dell'influenza della pubblicità, della TV, dei videogiochi"
Collana: Il Bambino Naturale - Edizioni Il Leone Verde
pagine: 160
anno pubblicazione: 2007
ISBN: 978889517711
autori: Antonella Randazzo



Eccoci al secondo appuntamento con la sezione "Il libro sul comodino – Sharing Reading".

Cambio di titolo ma coerenza di fondo: la casa editrice è ancora "Il Leone Verde" di Torino, che si distingue per il coraggio nelle scelte editoriali e per la decisione di pubblicare soltanto testi che veicolino messaggi educativi orientati all'educazione "naturale" del bambino.

Vi avviso subito che questo non è un libro per chi gradisce le mezze misure. Oserei dire che è un libro più che duro, è pressochè spietato. Ma, una volta tanto, l'assenza di pietas non mi turba, anzi.

Se qualcuno di voi ha mai pensato di eliminare il televisore da casa propria (e si può fare, io conosco più di una famiglia che ha fatto questa scelta e qualche anno fa il sito Mammaepapa mi aveva chiesto una consulenza in merito), dopo aver letto questo libro probabilmente troverà il coraggio di farlo.
E' un libro che sembra voler spaventare, ma io credo che sia semplicemene un libro onesto e chiaro. Un libro che non esita a denunciare la bassezza e la grettezza umana e morale della TV contemporanea, dove i programmi di qualità (o anche solo decorosi, ma questa è una mia idea) sono ormai pochissimi. Figuriamoci quelli per i bambini, la maggior parte dei quali definisco "da decerebrati".
E' un libro che apre gli occhi e che, se lo leggete tutto, fino in fondo, ve li terrà aperti anche di notte, a pensare. Lungi da me indicarlo come causa di insonnia... solo che di notte io penso meglio e quindi, penso spesso. Non so se anche a voi capita così.

Questo libro non parla solo di Televisione (pubblicità, programmi per bambini, interessi in merito ecc.) ma parla anche di videogiochi, di farmaci psicoattivi e non, di società e sviluppo, di prospettive evolutive ad ampio raggio. Insomma, un libro il cui titolo non rende giustizia alla varietà di argomenti affrontati.

Devo confessare di aver sottolineato moltissimi passi di questo libro, per cui cercherò di fare una cernita ragionata per i seguenti upload. Ci provo.

"Educare oggi vuol dire anzitutto essere consapevoli" (pag. 7)

"(...) le onde emesse dal tubo catodico diminuiscono l'attività cerebrale e inducono uno stato di passivizzazione delle attività cognitive. Si tratta di una sorta di addormentamento cerebrale" (pag. 17)

"La televisione (...) può distruggere la civiltà. Che cosa è la civiltà? E' la lotta contro la violenza. C'è progresso civile se c'è lotta alla violenza: per la pace tra le nazioni, per la pace all'interno delle nazioni e specialmente per la pace nelle nostre case" (Pag. 31)

"Attraverso la pubblicità si crea il soggetto che consuma" (pag. 43)

"Con gli oggetti si vuole vendere al fanciullo anche affetto, sicurezza e forza" (pag. 50)

"L'obiettivo principale della pubblicità è creare la 'società di massa', vale a dire un insieme di persone sempre più simili fra loro e sempre meno capaci di pensiero libero e creatività" (pag. 63)

"(...) i videogiochi diretti ai bambini hanno le medesime piattaforme distruttive di quelli utilizzati dall'esercito americano allo scopo di desensibilizzare i soldati" (alla violenza, nota mia – Pag. 96)

"Per essere coerenti si dovrebbero mettere al bando i videogiochi, la TV, il cibo-spazzatura, diversi film e molti giocattoli. Non è semplice farlo. Per le tante difficoltà che i giovani di oggi si trovano ad affrontare sarebbe indispensabile un lavoro collettivo. Le famiglie che riconoscono questi pericoli dovrebbero cioè discutere fra loro dei figli, di come fronteggiare efficacemente la nocività die media e del modo in cui poter coltivare valori diversi, spirituali, morali e creativi. Insieme si può meglio fronteggiare anche la tormentosa insistenza dei propri bambini" (pag. 112)

"Bisogna avere il coraggio di dare i bambini la consapevolezza di avere dei diritti e di dare loro strumenti per rivendicarli e per difenderli. Loro sapranno rispondere adeguatamente alle nostre aspettative, impareranno cose che gli serviranno per tutta la vita e probabilmente ci insegneranno qualcosa" (pag. 123)

"Educarli (i nostri figli, un paio di righe più sopra) significa anche far capir loro che il consumismo sfreanto e la superficialità a cui il sistema spinge non sono le strade per l'autorealizzazione e per la felicità. Non c'è vera felicità per l'uomo senza i valori di solidarietà e di empatia. E non ci può essere alcuno sviluppo della personalità umana quando si diventa succubi di un sistema disumanamente votato al profitto, al conformismo e al più cinico materialismo" (pag. 134)

"E' al'interno della dimensione familiare, sociale e spirituale che il bambino sviluppa se stesso, ieri come oggi" (pag. 173)

Vorrei soltanto aggiungere che, a mio parere, qualcosa di buono da far vedere ai bambini in TV esiste. Ne parleremo in un altro post, per ora vi lascio e vi saluto.

Aspetto sempre i vostri commenti!
Maria Beatrice  :)

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"I bambini hanno bisogno di fiducia. Il metodo Montessori oggi per crescere figli felici".
casa editrice: Fabbri Editori
pagine: 192
anno pubblicazione: 2007
ISBN: 9788845132314
autori: Tim Seldin


Dal primo istante in cui l'ho preso in mano e ho guardato la copertina, tra me e questo libro è stato amore. Le parole scritte in grande sono "I BAMBINI" e "FIDUCIA". In copertina a tutto campo c'è il bel primo piano di un bambino, il cui sguardo colpisce perchè è sereno e schietto, diretto e pulito.

Sarà per la mia passione per la fotografia, ma scorrendo le pagine non si può fare a meno di essere rallegrati dalle numerosissime immagini che da ogni pagina veicolano un messaggio, un'emozione e tante, tanteinformazioni. Lo definirei, in effetti, un libro fotografico!I bambini ritratti sono tutti figli di genitori che si ispirano al metodo Montessori. Non si tratta di "piccoli modelli agghindati per l'occasione" e i luoghi rappresentati sono reali, non ricostruzioni ad hoc. Ovviamente tutto è stato predisposto perchè il messaggio della bellezza e dell'ordine fosse evidente, ma niente di ciò che si vede è finto. E la verità ha sempre un grande valore.

Il tono con cui questo libro è scritto rende giustizia a Maria Montessori e a coloro che, come lei, considerano l'armonia, l'educazione e la bellezza come linee guida dell'esistenza. Tim Seldin (l'autore, Presidente della Montessori Foundation, USA) guida il lettore in un percorso di scoperta dell'educazione Montessoriana, centrata sul rispetto del bambino (e di ogni altro essere umano) in quanto Persona, dalla fiducia nelle possibilità evolutive di ogni bambino e da un atteggiamento di ascolto e di osservazione piuttosto che di "insegnamento" (ti dico io come si fa) o di interferenza (faccio io perchè tu non sei capace).

Facile a dirsi, difficile a farsi! Eppure credetemi se vi dico che si può testare in prima persona la validità e la veridicità del metodo Montessori, ora, a casa vostra, senza spendere denaro e senza stravolgere la vita di nessuno.

Due aneddoti casalinghi per rendere l'idea.

A pag. 80 due immagini mostrano come un bambino di pochi anni sia in grado di apparecchiare correttamente la tavola con l'aiuto silenzioso ma efficace di una tovaglietta all'americana con disegnate le sagome delle stoviglie necessarie. Inutile dire che il desiderio di provare è stato immediato. Detto fatto: non abbiamo le tovagliette? Ovviamo con uno strappo di carta da cucina, su cui disegniamo le sagome delle nostre stoviglie. Il risultato è stato sorprendente e sono rimasta ad ammirare mio figlio che, in religioso silenzio, prendeva dai casseti il necessario ed apparecchiava la tavola di casa. Ma non si è limitato a questo: ha messo in centro alla tavola un bicchiere con alcuni fiori di campo da lui raccolti poche ore prima in un prato e, infine, ha messo le sedie ordinatamente sotto il tavolo. Senza dire una parola, senza chiedere nulla.E alla fine mi ha guardato come a dire: "ecco mamma, adesso è pronto". Ha poi voluto portare i piatti in tavola come un "cameriere", esattamente come fa a scuola (mio figlio ha frequentato un Nido e frequenta ora una Scuola dell'Infanzia di ispirazione anche Montessoriana).Come se non bastasse abbiamo poi goduto di un clima di quiete e di armonia durante tutta la cena, come effetto secondario della soddisfazione e della collaborazione di tutti. Il giorno dopo ho acquistato delle tovagliette di bamboo e ho disegnato di nuovo le sagome delle stoviglie ma, questa volta, ho dovuto utilizzare come modelli delle stoviglie di plastica (avrei rovinato quelle di casa con il pennarello indelebile!). Beh, sapete cos'è successo? Mio figlio, felice per le nuove tovagliette, mi ha poi fatto notare con dispiacere che le nuove sagome non erano della dimensione giusta. Nel metodo Montessori tutto ha senso,in particolare i dettagli.

Il secondo aneddoto è più breve: a pag. 96 una sequenza di immagini mostra come è possibile aiutare un bambino ad apprendere una strategia semplice ma efficacissima per infilare da solo il giubbotto. Bene, sono bastati tre tentativi al mio piccolo grande uomo per infilarsi il giaccone (ma il primo è andato a vuoto perchè la mamma aveva steso sul tavolino la giacca al contrario...). E che gioia nei suoi occhi quando si è accorto di esserci riuscito! Inoltre questo metodo funziona anche con le felpe e le camicie, insomma, con qualsiasi indumento aperto davanti!

Il libro di Tim Seldin mostra miriadi di altre idee e suggerimenti per fare della vostra casa (e della vostra vita) un luogo di educazione Montessoriana.Vorrei, come promesso nel post di apertura di questa sezione, riportare alcuni stralci del libro: altrimenti che lettura condivisa sarebbe?

"Dobbiamo osservare con attenzione i nostri figli e rispondere nella maniera più idonea per ciascuno di loro" (pag. 15)

"I bambini trattati con rispetto e incoraggiati a mettere alla prova nuove capacità imparano più velocemente ad arrangiarsi da soli" (pag. 17)

"Se creerete uno spazio accogliente ma ordinato in cui i vostri figli possano lavorare e giocare, la loro autonomia e la fiducia in se stessi fioriranno" (pag. 20)

"In questi anni (i primi della vita, nota mia) di acuta sensibilità, vale la pena di mettere vostro figlio in contatto con oggetti di buona qualità. (...) Preferite i giocattoli che il bambino può impilare e assemblare o con cui può interagire, in un modo o nell'altro. Evitate quelli che si limitano a fare qualcosa mentre il piccino li guarda. Incoraggiate vostro figlio a impegnarsi attivamente, non a essere un osservatore passivo" (pag. 35)

"Anche se noi genitori avvertiamo spesso l'esigenza di guidare i nostri bambini, il metodo Montessori ci esorta, invece, a seguirli" (pag. 46)

"(...) pensateci due volte, prima di interferire" (pag. 47)

"L'essenza dell'indipendenza è poter fare qualcosa per il proprio io. Questa esperienza non è soltanto un gioco. E' un lavoro che i bambini devono svolgere per crescere" (pag. 77).

"I bambini assorbono e ricordano ogni sfumatura del contesto domestico della loro infanzia. L'obiettivo è proporre loro attività che suscitino il loro interesse e creare ambienti belli, organizzati e armoniosi" (pag. 85)

"I bambini cominciano a usare il WC quando sono pronti, non quando i loro genitori decidono di insegnarglielo" (pag. 90). NB: a proposito di questo argomento vi rimando alla lettura di un altro post in questo stesso Blog.

"E' sempre meglio indicare la giusta condotta anzichè aspettare che (il bambino, nota mia) si comporti male per poi rimproverarlo, minacciarlo o punirlo" (pag. 111)

"Tenendo presente che vostro figlio verrà influenzato profondamente dalle persone circostanti, scegliete con cura gli adulti e i bambini con cui paserà il suo tempo. (...) Selezionate i compagni di giochi di vostro figlio. Se trascorrete del tempo con una famiglia che permette ai bambini di devastare la casa, non meravigliatevi se riprodurrà quel comportamento anche quando è con voi" (pag. 124)

"Sottolineate la necessità di trattare con cura ogni essere vivente, esortando il bimbo a non strappare fiori e foglie per poi buttarli via, ma a utilizzarli per uno scopo proficuo. Di quando in quando non c'è nulla di male nel raccogliere i fiori di campo per poi pressarli o metterli in un vaso pieno d'acqua affinchè resistano il più a lungo possibile, ma è bene non esagerare." (pag. 136)

Prossimamente condivideremo la lettura di altri testi sul metodo Montessori. Spero che anche voi, come me, possiate restare colpiti nel profondo dal senso vero di questa visione dell'educazione, del mondo, della vita.

Come sempre attendo i vostri commenti!

Vi auguro buoni pensieri,

Maria Beatrice 



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Titolo: "Bambini 'capricciosi'. Pianti, inquietudini, insonnie: una guida per genitori di bambini particolarmente esigenti"
Casa Editrice: RED Edizioni
Anno: 1996
Pagine: 207
ISBN: 88-7031-543-6
Autore: William Sears

Ri-edito nel 2006 con il Titolo: "Bambini 'capricciosi'. Capire il temperamento del bambino per rispondere ai suoi bisogni"


Nuovo appuntamento con la nostra lettura condivisa. :)

Oggi vi parlo di un libro non recentissimo (comunque riedito 5 anni fa) che però mi è piaciuto per il tono di fondo e perchè ha confermato la buona opinione che ho del famoso dr. Sears, aperto sostenitore del co-sleeping e, più in generale, dell'Attachment Parenting.

Ai miei occhi non guasta affatto che Sears abbia una "discreta esperienza" come padre (otto figli, di cui uno adottato e un altro affetto dalla sindrome di Down) e da una storica eserienza come Pediatra (due dei suoi figli, inoltre, sono pediatri come lui). Non trascuriamo poi il fatto che la moglie Martha è una consulente professionale sull'allattamento al seno (dirige il Breastfeeding Center (Centro per l'allattamento al seno) di San Clemente, e fa parte dell'lnternational Board of Certi-fied Lactation Consultants). Insomma, mi piace quel che dice questa famiglia perché le riconosco esperienza e motivazione.

Sears è spesso identificato come "l'anti-Estivill"; messi in contrapposizione come il diavolo e l'acqua santa da sostenitori e detrattori, egualmente distribuiti nel mondo. Io non canonizzo Sears e non condanno Estivill, ma la mia opinione generale ormai sapete qual'è. ;)

Il libro che io ho letto (e che è quello del 1996) è pervaso da grande buon senso, onestà e pragmaticità. Nessun volo pindarico, ma molti spunti di vita quotidiana. Già dal titolo si capisce il senso del libro: aiutare i genitori di bambini definiti o definibili come "capricciosi" a comprendere i propri bimbi. Il centro della questione è il temperamento del bambino: dato che i bambini sono tutti diversi non è possibile pensare di redigere una "ricetta" valida per tutti, tantomeno se si tratta di bambini sensibili ed irrequieti, che vanno presi con le pinze e aiutati ad acquisire un miglior modo di esprimere e gestire le loro emozioni così intense e perfino devastanti, se lasciate al caos.

Sears parla della "goodness of fit", cioè della bontà di incrocio tra temperamento del bambino e personalità della madre, di segnali del bambino, di strategie per coglierli e rispondervi. Il bambino "capriccioso" (intenso, irrequieto, sensibile, dal temperamento "difficile") non è mai dipinto come "furbo" o "manipolatore". In questo libro ci sono equilibrio e fiducia nei confronti dei bambini e grande comprensione per i genitori.

Sears non obbliga a scegliere "o me o te", non dipinge la relazione adulto-bambino come se fosse centrata sull'opposizione di forze, dove poi, alla fine, il più vunerabile finisce per cedere e sottomettersi.
E' questo che mi convince, che mi fa leggere e comprendere con atteggiamento di fiducia quanto Sears afferma. E' il fatto che dietro le righe del libro avverti una persona umana che parla ad altre persone e non cerca di "comperare" il consenso di nessuno, anzi, a tratti è così chiaro che spiazza.

Sebbene dato il tempo che è passato dalla pubblicazione vi siano delle informazioni che vanno rivedute (ad esempio in merito alla posizione da adottare per il sonno del lattante - le nuove linee guida per la prevenzione della SIDS dicono cose diverse, oppure riguardo alla posizione "fronte strada" per lattanti portati nella fascia - che è da evitare assolutamente), credo che valga la pena leggere questo libro perchè ci fa sentire meno soli nell'affrontare l'arduo compito di metterci in ascolto del nostro bambino, per quanto difficile possa essere, specialmente durante le coliche, di notte, quando siamo soli e quando non sappiamo più cosa fare.
E un genitore che non si sente solo ha più probabilità di fare le scelte giuste, anche se sono quelle meno facili.

Vediamo qualche stralcio da leggere insieme:

"(...) i sensi di colpa dovrebbero dilaniare i cattivi consiglieri, non le madri" (pag. 25)

"L'addestramento, però, va bene per i cuccioli di casa: dei bambini, invece, ci si dovrebbe prendere cura" (pag. 27)

"(...) c'è una linea molto sottile che separa un bisogno da un'abitudine. (...). Un'abitudine, se interrotta, scompare facilmente. Un bisogno non soddisfatto, invece, non scompare mai completamente" (pag. 27)

"Piangere fa bene ai polmoni tanto quanto sanguinare fa bene alle vene" (pag. 35) NB: questo vorrei stamparlo e appenderlo in ogni luogo di ritrovo di neomamme!

"Il bambino costretto a cercare di organizzarsi da solo prima ancora di possederne le effettive capacità consuma energie preziose per calmarsi, anzichè impegarle per la crescita e lo sviluppo" (pag. 40).

"I pavimenti non hanno sentimenti. Nessuno soffre se un pavimento non viene tirato a lucido ogni giorno. Mio figlio rimarrà un bambino per un tempo brevissimo e lui, invece, ha dei sentimenti" (pag. 97). NB: quando ho letto questa frase mi è venuta la pelle d'oca, perchè è la stessa cosa che mi trovavo a dire alle neomamme depresse quando mi dicevano di non riuscire più a tenere in ordine la casa... per cui, quando il figlio dormiva, loro si mettevano a lavare, stirare ecc. invece di riposare per recuperare le energie!

"Una delle cose che ho imparato dalle numerose notti insonni, trascorse come pediatra e come padre, è che il comportamento dei neonati è sempre motivato da una ragione precisa e non dal fatto che vogliano maliziosamente e intenzionalmente impedire ai genitori di dormire" (pag. 103)

"Il sonno non è uno stato che può essere 'imposto'. Il bambino deve, invece, esserne 'catturato' ". (pag. 119)

"I libri e i consigli devono necessariamente generalizzare i casi, ma voi e vostro figlio siete due individui ben caratterizzati, Diffidate di chi vi dice 'Dovresti'; chi vi consiglia non è al posto vostro e quell'affermazione suona sempre come una critica" (pag.182)

"(...) ho potuto osservare che i bambini cresciuti con un rapporto più stretto con i genitori mostrano molte qualità piacevoli, uguali a quelle che trovano in mamma e papà. Eccone alcune:
- la sensibilità
- la generosità
- il rispetto della disciplina
- la fiducia in se stessi"

NB: Sears argomenta singolarmente ognuno di questi punti..

Fatemi sapere cosa ne pensate e...buona lettura!

Maria Beatrice  :)

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Titolo: "Il linguaggio segreto dei neonati"
Casa Editrice: Mondadori
Collana: Psicologia - Oscar Saggi
Anno: 2002 (l'edizione che ho letto io)
Pagine: 354
ISBN: 88-04-53322-6
Autore: Tracy Hogg con Melinda Blau


Dopo la lunga pausa Natalizia eccoci ad un nuovo appuntamento con la lettura condivisa. 

Oggi è il turno di Tracy Hogg e della sua opera più conosciuta: "Il linguaggio segreto dei neonati".
Ho riletto questo libro più volte. La prima durante i mesi di attesa del mio primo figlio: consideravo questo libro - scovato per caso sullo scaffale di una libreria-  una sorta di Bibbia per neomamme inesperte. Mi ricordo che lo tenevo sul comodino e con un terribile evidenziatore giallo sottolineavo i passaggi che più mi colpivano o che ritenevo fondamentali. 
Il libro ha continuato a campeggiare sul mio comodino per un po' anche dopo il parto, cominciando però gradualmente a scomparire alla vista perchè sommerso di coppette assorbilatte, fazzoletti, canottiere pulite, bavaglini... insomma, la realtà del neonato-tra-le-braccia stava prendendo decisamente piede rispetto a quella del bimbo-dentro-la-pancia! 

Poi l'ho riletto per intero qualche anno dopo, prima di decidere di consigliarlo ai genitori nei Nidi con i quali lavoravo. Lo fornivo come spunto di lettura, come messaggio su cui riflettere , ma non più come un "credo".

Infine, a seguito di una sollecitazione da parte di Francesca nel post sul metodo Estivill, ho ricominciato a leggerlo. Ancora una volta. E fino alla fine. Cercando una bibliografia di riferimento e, purtroppo, non trovandola.  

La verità è che, anche ora che vi scrivo, non ho ancora deciso fino in fondo quel che penso di Tracy Hogg e del suo metodo E.A.S.Y.
Cerco di spiegarmi meglio: su molte cose ho già preso una posizione, stabile (non definitiva, solo gli sciocchi e i presuntuosi non cambiano mai idea) e coerente. Ma rispetto alla globalità dello Hogg-pensiero a volte, un po', ancora fluttuo. Vediamo se con questa recensione riesco a schiarirmi le idee anche io!
Ma andiamo con ordine (o almeno proviamoci). 

Tracy Hogg era un'infermiera, molto famosa nel mondo anglosassone, che ha saputo guadagnarsi il soprannome di "Babywhisperer" - la donna che sussurra ai bambini. Certo è che per essersi meritata un soprannome così, di risultati deve averne ottenuti non pochi.
Nella sua esperienza pluriennale ha incontrato migliaia di famiglie alle quali ha fornito consulenze e aiuto sui temi più "battuti" della neogenitorialità: sonno, allattamento, svezzamento, un po'come una nanny.

Ha elaborato il metodo E.A.S.Y. (acronimo di "Eat. Activity. Sleep. You), un approccio al bambino che si basa sui concetti di routine e di rispetto. Entrambe queste cose mi piacciono molto perchè è innegabile che siano essenziali per il benessere di qualsiasi bambino. Se poi aggiungete che la prima cosa che si legge nell'introduzione del libro è una citazione di Oscar Wilde: "Il modo migliore per far sì che i bambini siano buoni è renderli felici", credo che abbiate capito perchè ho amato per molto tempo questo libro. Partiva proprio bene!

Di Tracy Hogg mi piace che è chiara e affronta tutto con un self control e soprattutto un sense of humour tutto inglese. Leggere la Hogg fa passare un sacco di ansie, perchè ne ricavi la rassicurante sensazione del si-può-fare!
Però, a volte, le ansie che ti erano passate mentre leggevi, ti tornano quando non riesci ad applicare il metodo o quando sembra che per te  eil tuo bambino non funzioni o, ancora, quando le tue beneamate e benedette viscere (quelle che hanno ospitato tuo figlio durante la gravidanza) ti suggeriscono di fare qualcosa di diverso.

Il miglior pregio della Hogg è, a mio avviso, anche il suo peggior difetto: la sua posizione è talmente ragionevole, talmente a metà strada tra i bisogni di tutti per non scontentare nessuno, talmente logica nella sua equità... che quasi quasi smette di essere una posizione. Finisce per essere una non-posizione, fatta di un po' di questo e un po' di quello e, già che ci siamo, anche un po' di quell'altro.

Prendiamo ad esempio la questione "sonno": infinitamente meglio di Estivill (da cui lei stessa prende le debite distanze, anche se nel libro si parla di Ferber e del suo metodo - che è poi il "padre" di quello di Estivill), prende però posizione lontana anche da Sears e dal co-sleeping. Condivide alcune cose e ne rifiuta altre in entrambi i metodi. La sua proposta è quella del "sonno ragionevole", che prevede di far dormire il bambino nel suo lettino possibilmente da subito, facendo in modo che si addormenti da solo - anche se grazie alla lettura dei suoi segnali di stanchezza, al rituale e senza lasciarlo piangere. 
Insomma: come direbbe qualcuno che conosco, cercando di conservare la botte piena e avere la moglie ubriaca. Il che, per ovvi motivi, è ben difficile!

Prendiamo invece in esame la questione allattamento: la La Hogg dice chiaramente che ogni donna ha il dovere di informarsi bene per scegliere se allattare al seno oppure no, e che ha il diritto di scegliere liberamente. Niente da ridire, detto così suona benone. Però, ancora una volta, si tratta di una posizione-che-non-è-una-posizione e che non si poggia su una bibliografia scientifica di riferimento o su dati di letteratura aggiornati e validi. Moltissimo "buon senso" o, come credo sia più giusto chiamarlo, "senso comune".

Io credo che il grande successo della Hogg sia dovuto ad un mix esplosivo di fattori:
1. il testo è scorrevole, piacevole da leggere, chiaro e soprattutto molto rassicurante. E' un po' come una droga: mentre lo leggi ti senti meglio e quindi continui a leggere;
2. il messaggio può raggiungere chiunque, proprio perchè ciò che viene proposto è "soft". A chi non piacerebbe pensare di poter far star bene tutti contemporaneamente in una famiglia?!
3. il testo è ricchissimo di aneddoti, per cui si leggono le storie di molte mamme, molti bambini, molte famiglie, per i quali la Hogg ha funzionato. "E se ha funzionato per tutta questa gente, perchè non dovrebbe funzionare anche per me?". In effetti vien proprio spontaneo domandarselo.
4. ha un taglio extra pratico, fornisce indicazioni, consigli spiccioli, test, tabelle da compilare. Un approccio da manuale, tipicamente anglosassone. Poteva intitolarsi: "Manual Instruction for Newborns and their families". Ma sarebbe stato meno poetico.
5. essendo lontana da ogni posizione troppo caratterizzata, la Hogg fornisce un servizio di incredibile efficacia per molte neomamme: evita a LORO di prendere una posizione. 

Credo che, alla fine dei conti, sia questo ultimo punto quel che non mi convince del tutto della Hogg. Non credo che sia possibile stabilire una verità assoluta per tutti, niente è praticabile da tutti, ovunque e sempre. Però ci sono dei dati a cui fare riferimento, studi e ricerche che sembrano lontani dalla nostra vita quotidiana ma che invece possono aiutare ad orientarsi nelle scelte educative. E non ritengo giusto ignorare l'esistenza di questi dati.

Se il latte materno è davvero migliore del latte artificiale (ed è così, storie non ce n'è) e se io neomamma non appartengo a quella minima percentuale di donne (sotto il 3%) che davvero non può allattare (per malattie, in genere), non è giusto che mi senta dire che qualsiasi sarà la mia scelta andrà bene comunque. E' un messaggio politico, che prende voti da tutti perchè non scontenta nessuno. Ma non è la verità.

Vi invito a confrontare l'impianto scientifico del libro della Hogg con, ad esempio, "E se poi prende il vizio? Pregiudizi culturali e bisogni irrinunciabili dei nostri bambini" di Alessandra Bortolotti. La differenza sarà subito evidente.

Ringraziamo il Cielo per il latte artificiale, il taglio cesareo, il metodo E.A.S.Y. per far dormire i bambini quando l'alternativa sarebbe Estivill o l'incoerenza del non aver scelto nulla e del provare qualsiasi cosa. Ma tutto questo è "buono" quando è davvero necessario, non quando è comodo raccontarsela e sentirsela raccontare.

"Il meglio è nemico del bene", me lo sono sentito dire da una persona della quale non ho stima (cosa che rischiava di farmi rifiutare il concetto a priori) ma in realtà è una frase su cui ho riflettuto moltissimo. E non la trovo del tutto sbagliata. Ma per migliorarla, secondo me, va modificata: "Il meglio è nemico del bene. A volte".

Nonostante tutto, vorrei condividere con voi diversi passi del libro della Hogg, quelli che ho sottolineato ogni volta che ho letto il libro. Quelli che mi sembrano veri, significativi, essenziali, profondi. Quelli che credo sottolineerebbe anche un neonato, se solo potesse farlo.

"Riuscireste a dormire se mettessi il vostro letto sull'autostrada? (Lo) chiedo a volte ai genitori di un bambino con troppi stimoli che fa fatica a addormentarsi mentre lo stereo va a tutto volume" (pag. 16)

"Ogni bambino è una persona con un linguaggio, dei sentimenti e una personalità unici e per questo merita rispetto" (pag. 19)

"(riferendosi ai bambini) la gente ha la tendenza a parlare di loro come se non esistessero. (...) 'Il bambino ha fatto questo, il bambino ha fatto quello'. Sono frasi che suonano molto impersonali e prive di rispetto. E' come se parlassero di un oggetto inanimato. (...) Suggerisco di disegnare un cerchio immaginario intorno al vostro bambino, un cerchio di rispetto oltre il quale non potete andare senza chiedergli il permesso o dirgli che cosa state per fare" (pag.20)

"Se ascolterete il vostro bambino e lo tratterete con rispetto diventerà una persona che ascolta e che tratterà gli altri con rispetto" (pag.22)

"Occorre sbagliare molto, prima di far bene. E bisogna ascoltare il proprio intuito" (pag. 31). Domanda: e se il mio intuito mi dice che il mio bimbo nel suo lettino lontano da me fa pisoli di mezz'ora e poi si sveglia e mi massacra il sistema nervoso perchè io, invece, mezz'ora la uso per addormentarmi... mentre se ci dormo vicino ci sincronizziamo meglio e dormiamo meglio... cosa faccio?! Seguo E.A.S.Y. o no?

"Convincete tutti, tranne i parenti e gli amici più stretti, a non venire a trovarvi nei primi giorni. Se qualche parente viene da fuori, la cosa migliore che può fare è cucinare, pulire e farvi delle commissioni. Fate sapere in modo carino che chiederete il loro aiuto con il bambino se ne avrete bisogno, ma che vorreste usare questo periodo per conoscere il vostro piccolo in tranquillità" (pag. 34)

"Il temperamento è un'influenza, non una condanna a vita" (pag. 38)

"Bambino che piange = cattiva mamma? No, ragazzi, non è così!" (pag. 97)

"Nutrire un neonato è un processo interattivo: anche voi dovete prestare attenzione" (pag. 127)

"Ai genitori si dice spesso che è una buona idea abituare i bambini ai rumori forti. Io vi chiedo: vi piacerebbe se entrassi in camera vostra in piena notte, mentre state dormendo, con la musica a tutto volume? Sarebbe una mancanza di rispetto. Perchè allora essere meno rispettosi nei confronti del vostro bambino?" (pag. 183)

"Non sono d'accordo nel far dormire i bambini in soggiorno o in cucina: sarebbe una mancanza di rispetto" (pag. 220)

"Autonomia non significa abbandono! Non lascio mai piangere un bambino. (...) Allo stesso tempo, non consiglio di tenerlo in braccio o confortarlo dopo aver soddisfatto le sue esigenze. Nel momento in cui è calmo, mettetelo giù. In questo modo gli regalerete l'autonomia". Bella idea, ma se lo metto giù e piange, lo riprendo in braccio ancora? E ancora? E ancora? Fino a quando? Quando finisce il bisogno e inizia il "vizio"? DOMANDONA!! (Per inciso: la Hogg dà una risposta, dicendo che con alcuni bambini ci vogliono addirittura centinaia di questi su e giù prima che siano tranquilli. CENTINAIA?!).

"Per cambiare le abitudini ci vuole tempo" (pag. 309). Io direi che per crescere ci vuole tempo, per cui non si può pensare di iniziare ad impostare con un neonato abitudini che varranno per lattanti, bimbi più grandini o ancora oltre. La coerenza è meravigliosa, ma le persone cambiano, evolvono, crescono. Sempre che non siano troppo impegnate a difendersi da un ambiente che non riconosce le peculiarità di ogni fase di sviluppo...

"Molti dei cosiddetti 'problemi' che mi trovo ad affrontare sorgono perchè mamme e papà non realizzano quanto essi stessi proiettino sui propri figli. E' importante chiedersi sempre: 'Lo sto facendo per il bambino o per me?' " (pag. 331)

Che ne pensate? C'è argomento per tutti in questa recensione, chi è pro, chi è contro... e chi è E.A.S.Y.! 
Aspetto i vostri commenti! 
Maria Beatrice 

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“Errori da non ripetere. Come la conoscenza della propria storia aiuta ad essere genitori”
Casa editrice: Raffaello Cortina
Anno di edizione: 2005
Numero di pagine: 241
ISBN: 88-7078-951-9
Autori: Daniel J. Siegel, Mary Hartzell



Questa recensione è probabilmente la più importante tra quelle sinora pubblicate. Non mi riferisco di certo ai contenuti da me espressi, bensì al valore del testo recensito.

Ebbene: “Errori da non ripetere” è certamente uno dei libri più significativi che un genitore possa mai leggere. E meditare.

Si tratta di un testo interessante e dal contenuto articolato; ha obiettivi divulgativi ma non per questo rinuncia ad affrontare argomenti tecnici come l’anatomia e la fisiologia del sistema nervoso centrale (in particolare del cervello), la neurobiologia, le funzioni superiori della mente umana ed altro ancora.

Per una come me che ha scelto di studiare psicologia per comprendere se stessa e gli altri, scoprire che ognuno di noi è come è perché il suo cervello (e di conseguenza la sua mente) si è plasmato e costruito nel tempo in un certo modo, fu – ai tempi dell’università – una scoperta sconvolgente. Leggere questo libro diversi anni dopo aver concluso gli sudi accademici mi ha consentito di recuperare con ordine tutto il discorso legato al “perché siamo come siamo” e, soprattutto, perché fa la differenza relazionarsi con i propri figli in un modo piuttosto che in un altro.

In questo libro ci viene spiegato nel dettaglio l’intero processo che guida lo sviluppo psicologico del bambino a seconda di come viene trattato, accudito, amato, ignorato, maltrattato, consolato ecc. Si parla di attaccamento, apprendimento e memoria, emozioni, gestione delle relazioni, comunicazione, empatia. Molti aspetti della relazione genitori-figli sono affrontati con ordine e chiarezza. Se ne esce con il desiderio di migliorare e migliorarsi, per stare meglio nella propria pelle e per aiutare i propri figli a crescere più sereni e più equilibrati.

È un libro che incoraggia e sprona al cambiamento, fornendo indicazioni pratiche per iniziare l’unico viaggio che non richiede di spostarsi di un millimetro. Ma richiede, a volte, di spostare montagne di emozioni rimosse, negate, nascoste.

Dopo aver letto e meditato (oggi ce l’ho con questa storia del meditare…) le informazioni e le spiegazioni fornite da questo libro, nessuno potrà più nascondersi dietro le tante scuse che a volte si inventano per non avvicinarci alla consapevolezza di cosa significa essere genitori. Perché, diciamocelo francamente, la consapevolezza fa paura; il motivo è presto detto: ha un prezzo alto. Essere consapevoli significa trovarsi ad affrontare le proprie paure, le proprie debolezze e fragilità. Per qualcuno significa anche trovarsi di nuovo faccia a faccia con i traumi del passato. E non è che tutti abbiano proprio voglia di aprire il proprio vaso di Pandora, magari dopo aver passato 20 o 30 anni della propria vita a cercare di eliminarne il ricordo.

Eppure, il leit motiv di questo libro è questo: “le esperienze dei primi anni di vita non determinano il nostro destino; se abbiamo avuto un’infanzia problematica ma siamo comunque riusciti a capire il senso di quelle difficili esperienze, non dobbiamo per forza ricreare interazioni negative analoghe nel rapporto con i nostri bambini” (pag. 5).

In poche parole: LA STORIA NON è DESTINO.

Daniel Siegel – uno degli autori – ha scritto anche un altro libro la cui lettura può integrare quella di “Errori da non ripetere”; si tratta de “La mente relazionale”. Sempre sulla stessa linea d’onda, con quest’altro volume è possibile approfondire molti argomenti e farsi un’idea più completa e dettagliata di cos’è e come funziona il nostro cervello. E, posto che ciò che siamo e che pensiamo, sentiamo, facciamo… dipende direttamente dal nostro cervello, potete capire quanto possa essere utile conoscerne meglio i meccanismi di funzionamento.

Ed ecco la lettura condivisa. Vi avverto: questa volta è particolarmente corposa!

“Diventare genitori rappresenta una grande opportunità di crescere come individui” (pag. 5)

“Non possiamo cambiare ciò che ci è successo da bambini; possiamo però cambiare il nostro modo di pensare a quegli eventi” (pag. 7). “Ciò che è veramente importante per i nostri figli non è dunque quanto è successo a noi nel passato, ma il modo in cui siamo riusciti a elaborare e comprendere tali avvenimenti. L’opportunità di crescere e cambiare ci è data durante tutto il corso della nostra esistenza” (pag. 9)

“La consapevolezza è alla base della nostra capacità di costruire relazioni significative” (pag. 10)

“Essere genitori consapevoli vuol dire (inoltre) agire intenzionalmente, cioè essere capaci di scegliere comportamenti che rispondano alle esigenze emozionali dei nostri figli” (pag. 11)

“(Ma) i bambini hanno bisogno di sentirsi amati e rispettati, non gestiti” (pag. 14)

“Anche se animati dall’amore e dalle migliori intenzioni, possiamo essere pervasi da difese create nel passato che rendono per noi intollerabili alcune esperienze dei nostri bambini” (pag. 23). “Normali aspetti della vita dei nostri bambini, come le emozioni, l’impotenza e la vulnerabilità, la dipendenza nei nostri confronti, possono venire percepiti come minacce e diventare per noi intollerabili” (pag. 27).
Si fa strada in me il pensiero relativo ai vari metodi per far diventare i bambini “indipendenti e autonomi il prima possibile”. Il che significa negare la loro stessa natura. Il problema allora è il bambino, il metodo o il passato del genitore?

L’autore racconta un episodio della sua vita di neopapà e conclude: “La comprensione del mio passato mi rendeva libero di accettare i miei sentimenti di vulnerabilità e il pianto di mio figlio; libero di imparare a consolarlo e a essere un padre” (pag. 28)

“Spesso cerchiamo di controllare le emozioni e i comportamenti dei nostri bambini, ignorando il fatto che in realtà sono le nostre esperienze interne e non i loro comportamenti a generare la nostra irritazione” (pag. 29)

“La crescita personale e la maggiore conoscenza di sé che derivano dallo sviluppo di narrazioni autobiografiche sempre più articolate e coerenti possono incrementare la capacità di percepire la mente propria e altrui e la sensibilità nei confronti delle richieste e delle esigenze dei propri figli” (pag. 48)

“(…) è importante cercare di entrare in sintonia, o in risonanza, con le esperienze emozionali dei nostri figli prima di cercare di modificarne i comportamenti” (pag. 56)

“Il fatto di accettare il bisogno di entrare in sintonia con gli altri spesso richiede il doloroso riconoscimento di quanto noi tutti siamo fragili e vulnerabili” (pag. 61)

“Quando riusciamo a comunicare con i nostri bambini secondo modalità che creano un senso di unione e sintonia, li aiutiamo a creare una storia coerente e integrata della loro vita” (pag. 65)

“All’interno della relazione genitore-figlio si alternano ciclicamente esigenze di unione e di separazione; è importante che i genitori imparino a riconoscere i momenti in cui i bambini hanno bisogno di sentirsi in relazione con gli altri e i momenti in cui hanno invece bisogno di essere lasciati soli. Essere in sintonia con il proprio bambino vuol dire anche essere capaci di rispettare i suoi ritmi, le oscillazioni naturali che lo portano ad avere necessità di coinvolgimento o di solitudine. Non siamo fatti per essere continuamente in relazione con gli altri; per poter stabilire relazioni interpersonali fondate su empatia e sintonia dobbiamo saper rispettare i ritmi con cui si alternano le esigenze di unione e di allontanamento” (pag. 66)

“La riflessione su noi stessi e la comprensione dei nostri processi mentali ci permettono di reagire ai comportamenti dei nostri figli con un più ampio repertorio di risposte; la consapevolezza genera la possibilità di scegliere” (corsivo mio, pag. 67)

“Quando un bambino non si sente compreso, piccole cose possono diventare grandi problemi” (pag. 79). E come è vero!!

“Accumulando progressivamente esperienze positive di relazione con noi, basate su comunicazioni contingenti e su importanti momenti di riparazione interattiva, mentre crescono, i nostri figli possono sviluppare un senso coerente di se stessi” (pag. 81)

“Quando un genitore capisce che può permettere al figlio di avere ed esprimere desideri senza necessariamente doverli soddisfare, diventa libero di entrare in relazione con il bambino secondo modalità che non richiedono la negazione di tali desideri ed esperienze” (pag. 82)

“Possiamo dire ai nostri figli se ci sentiamo turbati, arrabbiati, delusi, eccitati, orgogliosi o felici; i bambini hanno bisogno di sapere che anche noi proviamo emozioni” (pag. 85)

“Quando con le nostre risposte cerchiamo di trovare rapide soluzioni a una data situazione, perdiamo l’opportunità di stabilire con i nostri figli una comunicazione collaborativa” (pag. 88). Invece di proporre quelle che a voi sembrano facili soluzioni, cercate di entrare in sintonia con i vostri figli e di capire i loro punti di vista” (pag. 89)

“Diventare consapevoli sia dei processi sia dei contenuti delle proprie comunicazioni interpersonali è parte fondamentale di una coerente conoscenza di sé” (pag. 90)

“Una netta distinzione tra natura (geni) e cultura (esperienze) non ha quindi senso: lo sviluppo di ciò che siamo può essere visto come il prodotto degli effetti che le esperienze esercitano sull’espressione del nostro potenziale genetico” (pag. 98)

“Non è mai troppo tardi per cercare di indurre cambiamenti positivi nella vita di un bambino” (pag. 98)

“L’attaccamento sembra poter cambiare nel corso della vita; se con il passare del tempo la relazione genitore-figlio cambia, può cambiare anche l’attaccamento del bambino” (pag. 107)

“L’importante concetto che geni ed esperienze interagiscono nel plasmare lo sviluppo è illustrato dai risultati ottenuti in recenti ricerche condotte su scimmie rhesus (le stesse grazie alla quali alcuni meccanismi di base dell’attaccamento sono stati rilevati e compresi – nota mia) dal primatologo Stephen Suomi e dai suoi collaboratori. Questi studi mostrano che piccoli di scimmia cresciuti in assenza di cure materne (scimmie “cresciute dai pari”) hanno comportamenti anormali, specialmente se presentano una determinata variante di un gene specifico. Per i piccoli con tale variante la presenza della madre agisce come una specie di “tampone”, che impedisce l’espressione del gene e la comparsa delle anomalie comportamentali; l’assenza di cure permette invece l’attivazione del gene e l’insorgenza degli effetti negativi conseguenti, che coinvolgono il metabolismo della serotonina e si manifestano con comportamenti sociali anormali” (pag. 110).
Questo passaggio evoca in me ricordi e considerazioni. Innanzitutto mi fa ricordare quanto ascoltato nel corso di un convegno cui ero stata invitata a tenere una breve relazione sulla continuità dell’attaccamento tra la vita prenatale e quella postnatale. Uno degli altri relatori mi aveva colpito molto, arrivando ad affermare che i genitori sono “ingegneri genetici dei propri figli”. Beh, non stava esagerando…
Mi viene poi da pensare che più la ricerca scientifica procederà, più potremo scoprire meccanismi ad oggi ignoti, legati a questo “effetto tampone” cui provvedono le cure materne nei primati e anche nell’uomo. E quante cose capiremo!
Quanti di noi avrebbero potuto essere diversi se avessero o non avessero sperimentato ciò che hanno invece sperimentato nella prima infanzia?
Penso anche e soprattutto agli esiti evolutivi più gravi e devastanti, che avvicinavo durante il tirocinio postlauream (eh, sì! Ai miei tempi il tirocinio era ancora postlauream…): adolescenti con patologie psichiatriche (specialmente schizofrenia) orfani di madre dalla più tenera età oppure abbandonati alla nascita dalla stessa ed allevati da padri fragili e parimenti malati, che nulla avevano potuto tamponare, anzi…
Penso ai padri maltrattanti e abusanti, ex bambini maltrattati e abusati. Una catena di dolore che passa di generazione in generazione finché trova qualcuno che cerca, finalmente, di arrestarla.

“Un cervello ben integrato e organizzato crea una mente coerente e adattiva” (pag. 112)

“Nel loro complesso queste conoscenze scientifiche indicano che in effetti ciò che i genitori fanno è importante” (pag. 112)

“C’è sempre speranza e possibilità di cambiamento” (pag. 118)

“Spesso il passo più difficile è riuscire a riconoscere la presenza in noi di elementi non risolti significativi e spaventosi; quando siamo in grado di accettare deliberatamente la sfida che la conoscenza della verità comporta, siamo anche pronti a intraprendere il cammino verso il cambiamento e a diventare genitori più simili a quelli che vorremmo essere” (pag. 133)

“(…) che cosa significhi davvero l’espressione ‘perdere la testa’: non avere accesso alle aree del cervello coinvolte nelle scelte razionali e ponderate e che consentono un pensiero chiaro e riflessivo” (pag. 155)

“La trasmissione di questioni non risolte da una generazione all’altra produce e perpetua sofferenze emozionali non necessarie” (pag. 155)

“Ciò che noi possiamo considerare un dettaglio insignificante può essere molto importante per un bambino” (pag. 158)

“I bambini hanno bisogno di tempo per elaborare le loro sensazioni e per dare un senso alle loro esperienze” (pag. 158)

“Possiamo quindi cercare di sviluppare una più indulgente comprensione di noi stessi e ristabilire le connessioni interne con le funzioni integrative superiori e le connessioni esterne con i bambini che stanno aspettando il nostro ritorno” (pag. 173).
Immagino non sia una frase di immediata comprensibilità per chi non ha letto il libro. L’ho comunque voluta inserire perché l’immagine del bambino che attende il ritorno del genitore, lontano e assente perché perso nei meandri del suo dolore, delle sue difese, del suo passato, delle sue paure… mi sembrava eccezionalmente esplicativa e toccante.

“Per il nostro benessere emozionale dipendiamo gli uni dagli altri” (pag. 176)

“È importante che ci prendiamo la responsabilità delle nostre azioni, ma non dobbiamo condannare noi stessi se non riusciamo a comportarci nel modo ideale o se non siamo ancora arrivati ad un determinato livello nel nostro processo di crescita” (pag. 176). “Stiamo tutti continuando ad imparare, nel corso della nostra intera esistenza” (pag. 177)

“La richiesta di attenzione da parte dei figli può a volte essere vista come intrusiva da genitori che vogliono avere un po’ di tempo da dedicare a se stessi. Tuttavia, soprattutto quando il bambino è piccolo, è necessario concedergli anche molto tempo, prima che diventi capace di soddisfare da solo i propri bisogni. In genere i bambini più grandi sono in grado di capire e tollerare meglio le esigenze di autonomia dei genitori, perché hanno un’idea più chiara di quelli che per loro stessi sono i confini tra bisogno di interazione e di solitudine” (pag. 178)

“Le regole funzionano meglio quando le stabiliamo prima di arrabbiarci” (pag. 182)

“Bambini con tempermaneti diversi hanno modi differenti di manifestare stati di rabbia o di prostrazione. Alcuni hanno bisogno id molto tempo per recuperare, altri si riprendono in fretta; in ogni caso in genere non possono farlo finché il genitore non ha in qualche modo espresso il suo desiderio di ripristinare il contatto con loro” (pag. 188)

“Il carattere si forma dai processi con cui le esperienze sociali plasmano elementi costituzionali innati” (pag. 207)

“Per riuscire a metterci nei panni di un altro dobbiamo esser e consapevoli delle nostre stesse esperienze interne” (pag. 209)

“Se ci concentriamo unicamente sui loro comportamenti (dei nostri figli, nota mia), senza considerare i processi mentali che li motivano, spesso otteniamo solo risultati a breve termine e non li aiutiamo a conoscere se stessi. (…) Pensare a ciò che è importante per la maturazione a lungo termine del carattere dei nostri figli può contribuire a renderci più determinati e consapevoli quando operiamo una scelta fra le possibili risposte ai loro comportamenti” (pag. 217)

“Nelle famiglie in cui sono presenti alti livelli di emozioni negative o di controllo dei comportamenti dei figli da parte dei genitori, i bambini sviluppano una minore capacità di leggere la mente” (pag. 218).
Per quanto riguarda la Teoria della mente (TOM), che è la capacità di percepire gli stati d’animo e i pensieri delle altre persone, anche se diversi dai nostri, si veda il post “La morte della compassione” in questo blog

“Essere genitori significa avere un’opportunità di apprendimento che dura tutta la vita. (…)Non è mai troppo tardi per incominciare. (…) Se siamo in grado di dare un senso alle esperienze della nostra infanzia possiamo quindi essere buoni genitori anche se i nostri non lo sono stati” (pag. 231)

Fate conoscere questo libro a più persone possibile: può salvare tanti bambini da un presente e un futuro di dolore.

Un saluto a tutti,
Maria Beatrice

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“Sono qui con te”
Casa editrice: Il Leone Verde
Anno di edizione: 2007
Numero di pagine: 246
ISBN: 978-88-95177-21-2
Autori: Elena Balsamo

Dopo averlo promesso non so più quante volte , finalmente sono pronta a scrivere la recensione di questo testo meraviglioso, di certo uno dei libri che più hanno significato nel mio percorso di vita come mamma (e non solo). 

Il “carattere” di “Sono qui conte” si rivela al primo sguardo: l’immagine di copertina – una mamma che si fa comodo giaciglio per la sua creatura – anticipa tutta la tenerezza, la poesia, la bellezza che riempiono le pagine di questo libro.

Un testo poetico nel senso più elevato del termine, direi addirittura un testo filosofico perché mostra amore per la sapienza; eppure non un testo sdolcinato nè stucchevole. Parole che fondono armoniosamente saperi del passato provenienti da varie culture del mondo con informazioni tecniche tipiche del sapere medico (l’autrice è pediatra).

Un testo semplice eppure mai banale, che rende giustizia alla sensibilità non comune dell’autrice, madre di tre figli e donna che riconosce nella propria storia di neonata e di bambina la matrice della sua passione per la divulgazione di un maternage ad alto contatto. Insomma: un testo originale e coraggioso che affronta il tema della genitorialità, dal concepimento fino ai due anni di vita del bambino (periodo detto appunto di “maternage” e comprendente il “periodo primale” concettualizzato da Michel Odent, il momento della nascita e del postparto così ben pensati e descritti dai molti testi di Leboyer, la sapienza della pratica del massaggio infantile, del co-sleeping e del portage).

Ogni pagina regala qualcosa di nuovo, sembra una scatola cinese: continui ad aprire e trovi sempre qualcos’altro da scoprire. Una sorta di miniera inesauribile di pensieri, considerazioni e informazioni che esortano ed effettivamente inducono a guardare il proprio bambino con occhi colmi di amore e rispetto e, inoltre, a guardarsi dentro con gli stessi occhi, alla ricerca del bambino che siamo stati, per prenderci cura anche di lui.

Ricordo che avevo dedicato la mia tesi di laurea “Al bambino bisognoso di amore che si trova in ognuno di noi”. Ai tempi non ero né madre né stavo per diventarlo, ero una semplice studentessa di 24 anni; eppure mi risuonavano dentro queste parole, esisteva già in me il desiderio di ricercare il modo in cui avrei potuto dedicarmi alla cura di questi bambini, quello che abitava in me e quelli dentro le altre persone. E posso dire di averlo trovato.

Leggere “Sono qui con te” può significare avvicinarsi – magari per la prima volta – ad una visione nuova (anche se in realtà antichissima, direi ancestrale) del bambino e della mamma, anzi, della diade che questi due esseri costituiscono e che è “gestalticamente” più della somma delle sue singole componenti. Per qualcuno si tratterà di una lettura come tante altre, per qualcun’altro sarà invece una rivoluzione copernicana: molti elementi concorrono a determinare l’effetto che un’esperienza può avere su una persona. Mi è capitato di regalare o prestare questo libro a persone che sono certa non ne hanno colto l’essenza, per mille motivi diversi (sensibilità, esperienze, pregiudizi, abitudini, paure…); in altri casi ho ricevuto riscontri di incredibile ed autentica profondità, che hanno testimoniato quanto il messaggio di “Sono qui con te” abbia colto nel segno delle loro anime.

La miglior “posologia” per questo libro ne prevede l’assunzione già durante la gravidanza perché sono convinta che possa contribuire significativamente a quel lavoro essenziale che ogni donna è chiamata a fare dentro di sé dal momento in cui è madre (e lo si è di certo dal concepimento, ma molti ritengono anche da prima, quando si desidera e si “pensa” la gravidanza): fare spazio dentro di sé per accogliere una nuova vita. Spazio nella mente e nel cuore, prima ancora che nel corpo.

Io mi sono accorta che ogni volta che leggo anche solo una pagina di “Sono qui con te” mi accade qualcosa dentro: è come se si riallineassero i cardini del mio essere mamma, come se una strada tortuosa divenisse d’improvviso più lineare e più percorribile. Una sorta di terapia che ogni volta mi fa guardare alle mie creature con occhi più limpidi e con maggiore chiarezza, perché mi ricorda che tipo di madre voglio provare ad essere e che tipo di aiuto voglio offrire ai miei figli nella loro vita.

E, credetemi, mi bastano dosi omeopatiche – anche una frase soltanto – perché questo” “rimedio in parole” faccia effetto!

Ultima considerazione: il testo è arricchito, oltre che da numerose e belle citazioni (che meriterebbero di essere stampate ed affisse ovunque), anche da numerose testimonianze di mamme e papà del mondo, che narrano qualcosa della loro esperienza di genitorialità. Il libro si chiude infine con i contributi di specialisti del settore (pediatri-neonatologi, psicologi, ostetriche, insegnanti Montessori…) che concludono degnamente il lavoro dell’autrice, fornendo ulteriore spessore al messaggio veicolato in tutto il libro.

Ecco ora per voi alcuni dei passaggi a mio avviso più belli e significativi di questo libro. Buona lettura!

“I bisogni dei bambini sono semplici, ma spesso misconosciuti” (pag. 13)

“I bambini sono anche degli specchi (…) e ciò che più amiamo o detestiamo in loro è in genere qualcosa che appartiene a noi. Essi non fanno altro che mostrarcelo per indurci a prenderne atto, a riconoscere le nostre zone d’ombra, i lati del nostro carattere o gli aspetti problematici del nostro io che non vorremmo vedere” (pag. 16)

“Se il sorriso passa inosservato, se non suscita alcuna reazione o viene interpretato come una smorfia o un riflesso muscolare, difficilmente verrà ripetuto dal bambino nel corso delle prime settimane di vita, cosicché tutti rimangono convinti che un neonato non sorrida volontariamente che al termine del secondo mese. Invece il fatto è che senza riscontro il dialogo avviato si interrompe per mancanza di interlocutori” (pag. 46).
NB: ho già accennato alla comparsa del cosiddetto “sorriso sociale” nel post “La profezia che si autoavvera”.

“Il latte nutre il corpo del bambino ma l’amore materno nutre la sua anima e questa ha la priorità assoluta” (pag. 48)

“Se lasciamo che il bambino asciughi da solo le sue lacrime trascuriamo i suoi veri bisogni” (parole di Maria Montessori, citate a pag. 50)

“Il problema è che per capire un neonato bisogna nascere un’altra volta. Nascere in consapevolezza” (pag. 53)

“Il seno non dà solo latte ma, come dice Erich Fromm, può dare ‘latte e miele’, simbolo quest’ultimo della dolcezza e dell’amore per la vita” (pag. 63)

“In tutti i continenti, del nord e del sud del mondo, nelle realtà rurali, le donne allattano al seno i loro bambini, assecondandone i ritmi e le richieste. (…) E quando non c’è la mamma si ricorre a un sostituto materno: un’altra donna che allatta (…) o perfino una nonna… Si tratta della cosiddetta lactatio agravidica, cioè di una lattazione senza una pregressa gravidanza: fenomeno sorprendente che rappresenta la prova di quanto sia culturale la realtà dell’ipogalattia, causa principale in Occidente del fallimento dell’allattamento al seno nelle prime settimane di vita del neonato” (pag. 66)
NB: teniamolo a mente la prossima volta che qualcuno ci dirà che non abbiamo latte: forse non abbiamo ancora trovato qualcuno che ci sappia aiutare degnamente a trovarlo.

“La violenza spezza, la dolcezza risana” (pag. 82)

“Per crescere bene il bambino ha bisogno di essere toccato, accarezzato, tenuto, abbracciato. Solo così infatti egli si sente integro, intero e impara a sua volta ad accarezzare, abbracciare, toccare gli altri con dolcezza e con amore” (pag. 86)

“Tocco e parola: ecco la chiave magica per aprire il cuore di ogni bambino. Chi non ha potuto godere di questo contatto iniziale lo cercherà per il resto della sua vita, perché la fame va saziata, la sete va placata prima o poi e ogni esperienza rimasta in sospeso grida a squarciagola per essere completata” (pag.88)

“La migliore risposta al pianto del bebè non è un succhiotto di gomma ma ‘un pacchetto di cure materne’ ad alto contatto” (pag. 97)

“Come ci ricorda il pediatra Lozoff, ‘la maggior parte dei cosiddetti disordini del sonno che giungono all’attenzione dei pediatri sono problematici solo in relazione alle aspettative della nostra società’” (pag. 105)

“Nel nostro desiderio di ottenere l’indipendenza del neonato (un valore culturale recente), penso che a volte dimentichiamo che la biologia infantile non può cambiare altrettanto velocemente quanto i ritmi culturali della puericultura. Il fenomeno dei bambini che dormono per periodi prolungati in isolamento sociale, lontano dai genitori, costituisce un esperimento culturale molto recente, un’esperienza nuova e aliena per l’infante umano, le cui conseguenze biologiche e psicologiche non sono mai state valutate. Studi recenti forniscono molte ragioni per supporre di potenziali benefici per i bambini che dormono vicino ai loro genitori, benefici che non sembrano possibili dormendo separatamente” (parole di McKenna citate a pag. 108)

“L’importante è soprattutto essere consapevoli di ciò che si fa: le scelte possono essere diverse ma occorre sapere perché le si fa e che cosa comportano” (pag. 110)

“Il nostro compito di adulti consiste pertanto nell’aiutare il bambino in modo intelligente, eliminando gli ostacoli che si frappongono al lavoro che lui è chiamato a compiere” (parole di Maria Montessori citate a pag. 122)

“Esistono soltanto tre modi efficaci per educare: con la paura, con l’ambizione, con l’amore. Noi rinunciamo ai primi due” (motto della scuola Waldorf, citato a pag. 126)

“(…) Esiste una formula magica che consente al bambino di schiudersi alla vita. Una sorta di ‘Apriti, sesamo!’ che gli spalanca le porte del mondo. È racchiusa in queste semplici parole: sono qui con te. È quanto di più importante e più bello possiate dire al vostro bambino. È ciò che ogni essere umano vorrebbe sentirsi dire dal primo istante di vita, quando è ancora nella pancia della mamma, appena spalanca gli occhi sul mondo e si chiede dove mai è finito, in ogni momento in cui il dubbio o la paura lo assale. (…) Diteglielo mentre cresce nel vostro ventre, mentre sta soffrendo il travaglio del venire al mondo, mentre sedete vicino a lui la sera per accompagnarlo nel sonno. Diteglielo quando è spaventato, impaurito, ferito dalle vicissitudini della vita. Quando misura meno di un pollice e quando è più alto di voi. È il regalo più bello che possiate fare a vostro figlio, l’eredità più preziosa che possiate lasciargli: sempre e comunque ti voglio bene. Sempre e comunque sono qui con te” (pag.136-137)

Che dire d’altro: mi auguro di cuore che vogliate leggere anche voi questo libro. Fa bene all’anima.

Buone letture,
Maria Beatrice 

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