15 giugno 2021

We are better together - l'importanza del contatto

"Asocial media?".

Così si intitolava un articolo di Silvia Bonino su un numero della Rivista "Psicologia contemporanea" del 2017, dedicato ai LIMITI.

Un contributo, questo della Bonino, che fa venire la pelle d'oca se letto ora, in questo tempo sospeso che costringe a relazionarsi in modo contrario alla fisiologia.

In questi ultimi mesi, più volte ho incontrato pareri preoccupati da parte di psicologi e studiosi delle relazioni umane in merito alla privazione comunicativa cui i bambini sono sottoposti a causa dell'uso dei dispositivi di protezione usati dagli adulti e dalla mancanza di interazioni quotidiane con i pari.

Io e voi, adulti, sappiano che questa NON è la normalità e abbiamo il ricordo ben chiaro di come si possano vivere le relazioni: abbiamo sperimentato il contatto tra esseri umani e i suoi benefici, imparato a rilevare e (forse) comprendere le espressioni del viso altrui per capire cosa stia provando l'altra persona. Abbiamo avuto le nostre occasioni per creare le giuste tracce neurali, per attivare i neuroni specchio, per realizzare con i nostri simili interazioni sociali positive e ridurre l'aggressività.

I bambini che nascono in questo tempo, invece, cosa ricevono? Come formano le loro competenze empatiche, come imparano a riconoscere gli altri esseri umani come tali e a modulare le proprie emozioni in modo condiviso e armonico?

E noi, cosa possiamo fare per arginare i danni di questa condizione?

Due sono gli elementi che possono venire in nostro soccorso in un contesto come quello odierno:

1. La consapevolezza delle grandi risorse che i bambini hanno a disposizione. Quando vedo un bambino piccolo che mi sorride, rispondendo alla mia voce, alla mia postura, al mio sguardo... pur mancandogli alcune mie "informazioni", bloccate da un volto coperto dalla mascherina, capisco che come diceva il buon Paul Watzlawick "è impossibile non comunicare". Comprendo cioè che è possibile raggiungere i bambini attraverso i canali secondari della comunicazione, anche quando una parte di essi è inibita da cause di forza maggiore. Non tutti i bambini sono uguali e non tutti reagiscono allo stesso modo a queste interazioni "parziali" e ciò rappresenta l'alert che non possiamo ignorare: qualcuno soffre maggiormente la privazione interattiva e dobbiamo tenerne debito conto ora, per leggere adeguatamente le sue difficoltà dei prossimi anni. Il rischio reale è una diffusa e importante riduzione dell'empatia e l'aumento dell'aggressività.

2. Possiamo e dobbiamo bilanciare e compensare queste privazioni all'interno del nostro nucleo di contatti stretti. I bambini possono vivere in un "mondo mascherinato" fuori casa ma, dentro le mura domestiche, hanno bisogno e diritto a sperimentare relazioni e interazioni faccia a faccia libere da intromissioni deprivanti.

Ecco perché negli ultimi mesi ho realizzato un percorso a distanza rivolto ad un gruppo di famiglie con bimbi 0/18 mesi, denominato "Tocco e Parola", volto alla promozione di interazioni visive e corporee giocose e tenere tra genitori e figli. 

Mi sono ispirata al libro "A fior di pelle" delle Edizioni Lapis per proporre un percorso a tappe costituito dalle parole delle filastrocche dell'autrice Chiara Carminati e dai gesti da esse evocati: carezze, solletico, tocchi gentili, abbracci... 

Ciò che ho aggiunto è stato il musicare ogni filastrocca per trasformarla in uno strumento di consolazione, educazione sonora, accompagnamento al sonno. Ogni filastrocca è diventata cioè una canzone, nella speranza che questo "plus" abbia potuto donare uno strumento extra alle mamme e ai papà che hanno partecipato a questo percorso.

Abbiamo capito che la flessibilità è più importante della forza, per sopravvivere: resistere significa trovare nuove vie per continuare il proprio percorso, in modi diversi ma con l'obiettivo originario ben chiaro alla mente.

Sta a noi non perdere la rotta nonostante la tempesta.

Maria Beatrice

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